Lo si sapeva, o quanto meno lo si sospettava da tempo e i lockdown che ci hanno chiusi in casa nell’anno appena trascorso lo hanno confermato: il problema dello smog è solo parzialmente collegato all’uso dell’auto perché, in numerosissime città medio grandi, nel corso del 2020 la percentuale di polveri sottili è aumentata rispetto ai medesimi periodi dell’anno precedente.
A Milano, ad esempio, la concentrazione di polveri sottili nell’aria, che a settembre 2019 era di 22 microgrammi per metro cubo, è salita a 23,7 e lo stesso si è verificato a ottobre e novembre, dati coerenti con quelli di città come Roma e Napoli.
Quindi il ritornello “colpa del traffico” non regge.
Sempre a Milano, il dato peggiore, 101 microgrammi per metro cubo, si è registrato il 27 novembre, quando era già scattata la zona rossa con gli spostamenti in auto ridotti al minimo, mentre nello stesso giorno dell’anno prima le misurazioni avevano certificato una quota di 25 microgrammi per metro cubo.
E se è vero che abbiamo avuto un autunno poco piovoso, è altrettanto chiaro che non è solo il traffico automobilistico il colpevole: certo incide, come incide un parco auto troppo datato, ma ne sono responsabili anche le caldaie altrettanto anziane, mezzi pubblici troppo spesso obsoleti, impianti vecchi, eccetera.
L’evidenza dei dati dovrebbe far pensare a interventi non riferiti soltanto alla mobilità, ma all’adeguamento a standard più efficienti di classificazione energetica degli edifici, a una riqualificazione industriale concreta e a una revisione del sistema dei trasporti pubblici.
Difficile? Certo. Costoso? Anche, ma ci auguriamo che i nostri amministratori, considerate anche le straordinarie risorse su cui potranno contare, mettano finalmente mano a dei piani concreti, senza demonizzazioni.