Il processo contro il raggiro dei test sulle emissioni dei motori diesel ha messo in luce i nomi dei manager dei più grandi marchi di automobili vendute in Europa e negli Stati Uniti, ma è ormai noto che la manomissione della centralina non risulta essere un segreto esclusivamente legato alla Volkswagen, ma come mai la compagnia tedesca ha subito la punizione più rigida e importante?
Tutto iniziò nel 2014 quando gli scienziati dell'agenzia statunitense per la protezione dell'ambiente (EPA) scoprirono che numerosi motori diesel Volkswagen avevano risultati nei test di emissione ben diversi da quelli dichiarati, ma solo quando si trovavano su strada testando i gas di scarico rilasciati, senza controllare solamente la centralina.
L'apparente tecnologia VW dell'epoca veniva pubblicizzata come "Clean Diesel", ed era addirittura presentata come un'alternativa ai motori ibridi. Questo ossimoro per il diesel è evidente nella propagazione di meno CO2, ma più protossido di azoto e particolato, elementi notoriamente nocivi. La Volkswagen dichiarò di aver creato un filtro che intrappolava queste sostanze, ma nei test su strada i motori eccedevano di 40 volte gli standard d'inquinamento, e fu aperta un'indagine.
In realtà, questo filtro non aveva nessun funzionamento: Volkswagen aveva sviluppato una modifica per il software della centralina, che passava ad una modalità ecologica con basse emissioni quando veniva rilevato un test e il suo collegamento, tornando poi normale su strada.
La compagnia richiamò "volontariamente" più di 500.000 veicoli ed oltre 30 manager tra VW, Audi e Porsche a conoscenza dello scandalo vennero processati. Volkswagen ha infine ammesso l'esistenza di questo sistema che rilevava i test e controllava la velocità, la pressione dell'aria e il posizionamento del volante, e dichiarò che il software fu piazzato in ben 11 milioni di veicoli dei loro marchi. Di conseguenza il CEO Martin Winterkorn fu costretto a dimettersi, perdendo il 46% del valore in borsa dell'azienda per altri 42 miliardi di euro.
La EPA propagò i suoi test, e fu evidente che la VW non era l'unica compagnia ad imbrogliare: Fiat-Chrysler con i suoi software superò di gran lunga gli standard di inquinamento in oltre 100.000 veicoli solo negli Stati Uniti, così come Nissan, Opel, Hyundai, Kia, ed arrivò ad ammettere il raggiro anche la Daimler per alcune Mercedes, essendosi alleata con gli altri marchi tedeschi per ovviare ai test.
A differenza dei 35 miliardi dovuti da Volkswagen, i risarcimenti per la FCA ammontarono a "soli" 800 milioni e per la Daimler 2,2 miliardi di euro, apparentemente perché Mercedes fu la prima ad accusare VW. La maggiorazione nel risarcimento di quest'ultima è dovuto alla diffusione maggiore dei veicoli nel mercato, e anche al mero motivo di aver ammesso l'errore.
Da considerare è anche il fatto che, almeno negli USA, l'accusa a VW ebbe luogo nel 2014 durante la presidenza di Barack Obama, mentre durante l'era Trump dal 2016, le sanzioni non furono così eccessive, essendo quella presidenza incentrata sulla crescita aziendale, a discapito dell'inquinamento dell'ambiente.
Infine, il problema delle auto ritirate dal mercato, ora ferme nelle discariche, non ha portato a grandi soluzioni, mentre purtroppo molti altri veicoli illegali nei Paesi con misure anti inquinamento più sviluppate, vengono esportati e venduti in nazioni dove i test non sono così coercitivi, continuando perciò allo stesso modo un ingente danno all'ambiente...
Per altre news e per noleggiare qualsiasi auto possibile scoprendo i notri vantaggi per clienti e noleggiatori, visita https://www.autonoleggio.it/
- Federico D'Angelo